Fondazione San Zeno
Rita Ruffoli
Stanze semibuie con pavimenti in terra battuta, muri rugosi con pitture dai colori pastello e frasi di incoraggiamento, “l’educazione è libertà”, un buco al posto dei vetri.
Si sono presentate così le classi che abbiamo visitato in alcuni campi informali per rifugiati. Perimetri vuoti nella penombra, ma piene di sguardi attenti che d’improvviso esplodono in un timido coro “good moooooorning madame” e qualche risatina. Poco dopo, il tintinnio di un vassoio di metallo con davvero troppi bicchieri di tè zuccherato, circondati da dolcetti che sembrano ricamati a mano, elegantissimi e preziosi. E si capisce subito che qui si fanno le cose con cura e che i pochi oggetti presenti sono stati messi in un posto preciso, ed è lì che devono stare. Come le persone.
Di prospettive, apparentemente, non ce ne sono e per loro il tempo sembrerebbe essersi fermato. Ma ci sono occhi che sanno guardare diversamente e che anche qui, dove la quotidianità sembra solo sopravvivenza, riescono ad immaginare il meglio e poi, a realizzarlo.
Quest’anno si è chiuso con la sensazione che i luoghi così nel mondo siano sempre di più: spazi di diritti negati, fatti di occhi ignari di ciò di cui sono privati. Un anno caratterizzato da troppi conflitti e violenze, che hanno improvvisamente trasformato luoghi cari alla memoria in posti insicuri dove la vita si è fermata in favore della paura.
Dentro a quest’apnea, la nostra risposta è rimasta quella del nostro agire di sempre, ma più forte: insieme, si può fare.
Crediamo infatti nella capacità di attivare un’operosità collaborativa, per trasformare i vuoti in luoghi di innesco e di relazioni. Dove si fa manutenzione, si accompagna, si costruisce una comunità. Un agire che muove, comunica, fa rete e valorizza.
In tempi così incerti abbiamo voluto dare forza al tempo, all’agire di lungo respiro, per porsi quelle domande che necessitano di risposte a volte un po’ scomode, che non si trovano nell’immediato. Tempo che serve a avere più coraggio e a prendersi il rischio di generare qualcosa di inatteso.
Da sempre proviamo a immaginare il futuro di quegli sguardi, quando svuotati i bicchieri di tè, le mani salutano e pian piano si allontanano mentre noi ce ne andiamo.
Quale traiettoria potranno avere le loro vite? Avranno la possibilità di studiare, di scegliere un lavoro, delle opportunità future?
Passato il colpo di vento, dietro la polvere si intravedono le persone che restano.
Tra loro c’è qualcuno che è qui per provare a realizzare quel qualcosa di impossibile. Sono questi i nostri compagni di viaggio, professionisti coraggiosi che con lucidità e ostinazione decidono ogni giorno di esserci. Quest’anno lo abbiamo dedicato a loro e alla loro capacità di stare con i piedi piantati a terra e lo sguardo rivolto al futuro.
Rita Ruffoli
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