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Fondazione San Zeno

Lettera della Direttrice

Rita Ruffoli

Siamo stati accolti sull’altra sponda del Mediterraneo attorno a tavole apparecchiate con cura, ricche di piatti fumanti di cous cous e verdure profumate di spezie, preparati con orgoglio da donne dal sorriso forte, fiere di un’autonomia ritrovata dopo nuovi percorsi di formazione e lavoro.

Abbiamo ritrovato la stessa voglia di ricercare il bello, tra i banchi delle scuole di villaggi in Africa e in India, tra i pochi materiali riposti con ordine e le aule semplici ravvivate con colori sgargianti. E ancora nei centri educativi delle grandi periferie urbane, nelle scuole di quartieri difficili, nelle stanze della musica e del teatro all’interno delle carceri minorili che abbiamo visitato, dove sono stati approntati luoghi accoglienti, spazi di pensiero nuovo, palcoscenici di vite possibili per poter coltivare relazioni positive, trasformative, opportunità di futuro.

Contesti dove cura e bellezza non sono fini a sé stesse ma diventano la ricerca di un’armonia di relazioni tra l’individuo, la comunità, l’ambiente. Da 25 anni camminiamo con chi si è fermato a guardare, con chi ha deciso di stare, di non passare oltre, con chi si è preso cura, con chi ha scelto di dire con forza “mi riguarda”. Nel corso degli anni siamo cambiati, ma mantenendo sempre chiaro un obiettivo: far sì che i destinatari del nostro sostegno non debbano più avere bisogno del nostro intervento.

Abbiamo individuato nell’educazione e nel lavoro gli ambiti più efficaci per sostenere processi di autodeterminazione, di presa di coscienza, di consapevolezza dei propri diritti e delle proprie potenzialità, verso una visione più chiara di presente e di futuro. Dando gli strumenti affinché ognuno, a modo proprio, possa fare le scelte che ritiene opportune per immaginare, disegnare o ridisegnare il proprio percorso.

Per poter pensare e scegliere alternative possibili.  Per fare questo abbiamo potuto agire con libertà di pensiero e movimento. Una libertà che abbiamo accolto con profondo senso di responsabilità e che ci ha permesso di accompagnare percorsi che spesso hanno richiesto tempo e pazienza per generare e ri-generare.

Ed è al futuro che volgiamo lo sguardo: in questo tempo di bivi, sentiamo forte la responsabilità di intraprendere strade non percorse fino ad ora, di pensare modi nuovi per affrontare sfide sociali sempre più complesse. Mettendo insieme le forze e sostenendo chi aspira a innescare il cambiamento, a “seminare inquietudine” cercando di stimolare domande sempre nuove; chi, come noi, sente quel desiderio di non conservazione che spinge a non accettare il “si è sempre fatto così”ma a sperimentare percorsi nuovi, nuovi modi di abitare il mondo; chi “non si anestetizza” e “di fronte ai margini, decide di stare e di intrecciare lo sguardo con chi c’è dentro”.

Prendendoci cura di chi si prende cura, di chi si “occupa” e non di chi si preoccupa; di chi si attiva non per colmare lacune, ma per rimuovere ostacoli e disuguaglianze che limitano lo sviluppo di individui e comunità. Vogliamo quindi accompagnare chi, senza grandi clamori,si mette in ascolto e si fa presidio, per intraprendere insieme cambiamenti possibili e duraturi. Vogliamo dar voce,più che prendere la parola.

Vogliamo essere parte di un agire condiviso e partecipato. Sentiamo forte la responsabilità di contribuire a intravedere alternative, a garantire pari opportunità di vita laddove fragilità, povertà, difficoltà, percorsi sbagliati, diritti negati possono limitare talenti e potenziale generativo.

Rita Ruffoli

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